Nella consuetudine popolare ma anche di alcuni professionisti dell’ambito forense, si crede che sia possibile imitare una firma (firmare al posto di altri) senza che nessuno, compreso un esperto grafologo giudiziario se ne possa mai accorgere del falso.
Chi lo fa è convinto che la firma sia stata imitata alla perfezione in tutte le sue parti, tra l’altro a mano libera senza ricalcare per trasparenza la firma olografa (genuina) che si sta imitando.
Colui che esegue una firma apocrifa (falsa) non prende in considerazione che pur dissimulando (nascondendo la propria grafia, il suo gesto grafico) lascia sempre qualcosa di personale in quello che va a realizzare, perché è trascurato dal falsario, che in nessun caso è possibile imitare la “pressione” che ciascuno di noi esercita mentre scrive o firma.
Per esprimere meglio il concetto, il testo scritto non si esprime solo in altezza e in larghezza, ma vi è un elemento “sostanziale” che è la pressione esercitata durante la realizzazione delle singole lettere.
La pressione esercitata dalla penna a biro sulla carta, si può percepire, semplicemente, al tatto toccando con le dita il retro del foglio scritto, ma per una valutazione completa bisogna osservarla al microscopio stereoscopico, 40/100 ingrandimenti.
L’osservazione del testo con entrambi gli occhi (visione stereoscopica) al microscopio ci fa percepire la profondità del solco che la penna a sfera realizza mentre traccia lo scritto sulla carta.
I tratti che realizziamo ci appartengono perché ciascuno di noi esercita una pressione diversa nella realizzazione delle lettere.
La grafologia e le credenze popolari.
19 ottobre 2013 | 0 commenti